Conclusi da poco i processi di primo grado a carico di Turetta e Impagnatiello per gli omicidi di Giulia Cecchettin e Giulia Tramontano

In Italia, il femminicidio è un’emergenza sociale che continua a mietere vittime.
Ogni anno decine di donne vengono uccise da uomini che non accettano il rifiuto o
la fine di una relazione. I recenti casi di Giulia Cecchettin, assassinata dall’ex
compagno Filippo Turetta, e di Giulia Tramontano, uccisa dal fidanzato Alessandro
Impagnatiello, evidenziano ancora una volta l’incapacità del sistema di prevenire la
violenza e proteggere le vittime.

Un amore tossico che si trasforma in tragedia: il caso di Giulia Cecchettin
Giulia Cecchettin, 22 anni, era una ragazza piena di sogni, progetti e speranze per
il futuro. Tuttavia, la sua vita è stata spezzata il 27 ottobre 2024.
La relazione tra i due, terminata pochi mesi prima, era caratterizzata da episodi di
gelosia e controllo ossessivo da parte di Filippo, ma nessuno avrebbe immaginato che si sarebbe potuto trasformare in un assassino. La sera della tragedia, durante un incontro per chiarire i dissapori, Filippo accoltella Giulia 75 volte. Successivamente, abbandona il corpo della giovane in un fossato nella provincia di Rovigo, fuggendo poi in Germania, dove è stato arrestato dopo una lunga caccia internazionale.
Il 3 dicembre 2024, la Corte d’Assise di Venezia ha condannato Filippo Turetta
all’ergastolo e ha riconosciuto le aggravanti di premeditazione, sequestro di
persona e occultamento di cadavere, escludendo però quelle di crudeltà e stalking.
Il caso ha suscitato un ampio dibattito pubblico in Italia, evidenziando l’urgenza di
affrontare con maggiore determinazione il fenomeno della violenza di genere e di
promuovere un cambiamento culturale e istituzionale per prevenire simili tragedie in
futuro.

Un mostro in casa: il caso di Alessandro Impagnatiello
Giulia Tramontano, 29 anni, era al settimo mese di gravidanza quando è stata
brutalmente assassinata dal compagno  nel maggio 2024. L’uomo, che conduceva
una doppia vita, ha accoltellato Giulia dopo un litigio, cercando poi di occultare il
corpo per giorni con metodi agghiaccianti. Giulia, come molte vittime di femminicidio non era consapevole della pericolosità del suo compagno e credeva di vivere una vita normale con l’uomo che sarebbe stato il padre del suo bambino, ma dietro quella facciata si nascondeva una realtà fatta di menzogne e tradimenti.  Il caso ha sconvolto l’opinione pubblica non solo per l’efferatezza del crimine, ma anche per la freddezza con cui Impagnatiello ha cercato di depistare le indagini. Il 25 novembre 2024, in occasione della Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne, la Corte d’Assise di Milano ha condannato l’imputato all’ergastolo per omicidio premeditato. Ancora una volta, la vicenda di Giulia Tramontano ha messo in luce la necessità di strumenti concreti per aiutare le donne a riconoscere i segnali di allarme in una relazione violenta.

Un problema culturale e sistemico
Dietro ogni femminicidio c’è una storia di violenza che si sviluppa nel tempo. Non si
tratta di gesti improvvisi, ma del culmine di un’escalation di abusi psicologici, fisici
ed economici che spesso restano invisibili. In Italia, i dati sui femminicidi sono allarmanti: secondo i rapporti delle autorità, una donna viene uccisa ogni tre giorni, quasi sempre da un partner o ex partner. Il problema non è solo individuale, poiché la radice della violenza di genere risiede in una mentalità patriarcale che vede le donne come proprietà degli uomini.
Le istituzioni, da parte loro, mostrano spesso lacune nella protezione delle vittime e le denunce non sempre portano a misure preventive efficaci, lasciando le donne da sole a gestire situazioni di pericolo.

Quali soluzioni?
Contrastare il femminicidio richiede un approccio ampio e multidimensionale che coinvolga tutta la società. È fondamentale partire dall’educazione emotiva nelle scuole, insegnando ai giovani il valore del rispetto reciproco e del consenso, oltre a fornire strumenti per riconoscere le dinamiche tossiche nelle relazioni. Solo così si può prevenire la violenza alla radice.  Introdurre percorsi formativi che insegnino ai bambini e agli adolescenti il rispetto reciproco e il valore dell’uguaglianza è fondamentale per costruire una società più consapevole e responsabile. Non si tratta solo di trasmettere nozioni, ma di coltivare un’autentica cultura dell’empatia e della comprensione. Fin dalle scuole primarie, è importante educare al riconoscimento e alla gestione delle emozioni, favorendo lo sviluppo dell’intelligenza emotiva. Questo aiuta non solo a creare relazioni più sane, ma anche a prevenire comportamenti aggressivi o dominanti. Durante l’adolescenza, l’educazione deve includere discussioni aperte e consapevoli sul consenso, sull’importanza della comunicazione nelle relazioni e sulla capacità di identificare segnali di abuso o controllo. Il ministro Valditara ha promesso l’introduzione dell’educazione sentimentale nelle scuole superiori, un progetto innovativo che però non si è ancora tradotto in realtà. Se questa proposta fosse estesa ad ogni ordine e grado scolastico e integrata con l’educazione sessuale e affettiva, potrebbe sicuramente svolgere un ruolo fondamentale nello sradicamento di quegli stereotipi di genere e norme culturali radicate che alimentano atteggiamenti di superiorità e sottomissione. Solo se si lavora in ogni ambito sociale su una visione più equa dei ruoli di genere si potranno prevenire queste distorsioni, favorendo relazioni basate sul rispetto e sull’ uguaglianza.

Un cambiamento necessario
I casi di Giulia Cecchettin e Giulia Tramontano sono solo due delle tante tragedie che si consumano ogni anno.  Nel 2024  le donne vittime di femminicidio sono giunte a quota 100 e ognuno  di questi delitti rappresenta una sconfitta per la nostra società, che non riesce a garantire alle donne il diritto di vivere libere dalla paura. Non basta indignarsi davanti a queste storie: serve un cambiamento culturale profondo che parta dall’educazione e si traduca in azioni concrete. Solo così potremo fermare questa strage silenziosa e costruire una società in cui nessuna donna debba più temere per la propria vita. La memoria di Giulia Cecchettin e Giulia Tramontano ci impone di non rimanere in silenzio, perché la loro storia non diventi l’ennesima tragedia dimenticata.

di Manila Spaccarotella classe VD Liceo Scientifico